Come storia della nostra Corale riportiamo questo scritto del maestro Giulio Bardelli.
La nostra Schola Cantorum "S. Cecilia" celebra quest'anno il 60° anniversario della sua fondazione. Ormai non sono molti gli angeresi che ricordano don Giovanni Spagnoli; chi lo ricorda ha certamente nostalgia di sacerdoti come lui. Ebbene, a lui dobbiamo il battesimo della nostra Schola Cantorum.
Un tempo ad Angera, come forse in tutti i centri abitati di campagna, la buona popolazione si raccoglieva per le celebrazioni divine con frequenza e in chiesa nessuno si esimeva dal canto sacro, anche se il buon Dio non a tutti concede orecchio musicale. Era quello il "gaudium magnum" la gioia suprema dei nostri cari vecchi! Messe cantate anche nei giorni feriali, vespri memorabili con Magnificat da... Caruso, novene, tridui e benedizioni a non finire e sempre canti, canti, canti!
Ma non sempre tali da soddisfare le esigenze di maestri dalla statura dell'indimenticabile Romanoni, il quale alla fine si è deciso a non accompagnare più i misfatti canori che iniziavano in una tonalità e andavano a finire, di passaggio in passaggio, magari a una terza sotto, limitandosi a suonare durante gli intervalli quando la massa non cantava.
Un controsenso certo, ma forse nasceva così inconsapevolmente l'idea di una selezione, una Schola Cantorum appunto. Fu così che negli anni seguenti alla prima guerra mondiale l'entusiasmo giovanile di qualche coadiutore raccolse un gruppo di ragazzi per farne dei cantori: vi si provarono don Camillo Sarti, don Riccardo Beretta facendo leva "in primis" tra i chierichetti che allora erano numerosi e regolarmente assidui.
Ma fu con don Giovanni Spagnoli che la Schola Cantorum ebbe un organizzazione e una struttura tali da entrare come fattore non indifferente della sacra liturgia.
Anzi don Giovanni affiancò alla Schola un'orchestrina a plettro che ebbe purtroppo vita effimera, ragion per cui, persuaso che "chi bene canta prega doppiamente" don Giovanni si buttò con tutto il suo entusiasmo e la forza organizzativa del suo carattere nella Schola.
Cominciò allora il periodo delle esecuzioni perosiane e, diciamolo subito, fu quello il primo periodo d'oro della Schola Cantorum angerese.
A don Giovanni che ora riposa nel camposanto di Cremeno Valsassina dove andò parroco, il nostro riverente ricordo con immensa gratitudine.
Il periodo aureo delle esecuzioni perosiane continuò con don Alessandro Valtorta, oggi prevosto di Laveno. Sedeva all'organo allora il maestro Fragiacomo che il prevosto don Airoldi aveva mandato a scuola ad Arona dal maestro Alessi che non lesinava il suo aiuto all'allievo nelle grandi occasioni.
E questo è stato il periodo delle "belle voci". Purtroppo non le possiamo più ascoltare perché trapiantate in paradiso nel coro celeste dell'Osanna perenne! Ma chi non ricorda il tenore Balconi, i bassi Mobiglia, Filippo e Carlo Berrini, Cerra e il baritono Pino Berrini? Che uomini meravigliosi! E hanno fatto parte della nostra Schola per tanto tempo, parlandoci col cuore in mano, con tanta fede da quella cantoria che oggi noi saliamo per celebrare sessant'anni di simile attività.
Amici cantori, ci pensiamo noi oggi che abbiamo il dovere di renderci degni di loro che ci hanno lasciato sì sublime eredità? Non ci siamo mai chiesto se abbiamo un po' della loro fede, il loro entusiasmo nel cantare le lodi del Signore? Se abbiamo la loro concezione della sacra liturgia che col canto vogliamo servire?
La celebrazione di quest'anno sessantesimo di attività canora ci richiami a questa meditazione, perché non è una meta raggiunta e "Sciuri, se sara! [Signori, si chiude baracca]": no! è solo una tappa dalla quale dobbiamo ripartire e tocca proprio a noi oggi, con sempre nuovo slancio, anche se oggi più di ieri con maggior sacrificio. Guai se il nostro slancio si affievolisse perché ogni dodici mesi abbiamo potuto contare e uno, due, tre,... cinquanta, sessanta! Cosa direbbero quegli uomini meravigliosi che ci hanno lasciato così stupenda eredità? E se noi l'abbiamo meritata, cerchiamo di meritarla con impegno sempre giovane. Troppo facile lasciar perdere, ma quanto faticoso ricostruire!
Negli anni trenta e quaranta un virgulto femminile si affianca alla Schola nel servizio della sacra liturgia e raccoglie una invidiabile corona di voci che promette quella splendida fioritura che negli anni cinquanta porterà alla formazione della Schola a voci miste.
Merito questo prima della signorina Adele Bonini, che certamente moltissimi ricordano stimata educatrice nella nostra scuola elementare, poi della signora Eugenia Albanesi Scavarda, che con gioia pionieristica ha impegnato tutto il suo entusiasmo in uno slancio che non fu privo di sacrificio.
Anche durante l'ultima guerra la Schola continuò le sue prestazioni liturgiche. Di quell'epoca tutti ricordiamo la buona volontà del compianto don Guido, al quale purtroppo un male inguaribile vietava lo slancio che aveva in cuore e che troppo presto lo portò alla tomba. Gli fa seguito la breve parentesi di don Luigi Crosta, che nella nuova atmosfera del dopo guerra porta lo slancio della sua giovinezza nell'animare e invogliare tutti, ma senza partecipare direttamente all'attività della Schola.
Dalla Pasqua del '45 è organista il sottoscritto, che si sobbarca l'onere di dirigere e accompagnare prima col vecchio organo - tanto bello la cui perdita non sarà mai sufficientemente deprecata - poi con l'organo Hammond e infine con un armonium. C'erano tuttavia le "belle voci" quasi intatte e venne l'epoca delle esecuzioni vittadiniane.
Giunge infatti ad Angera don Luigi Giani, che si mette anima e corpo nella Schola dandole tale sviluppo da portare la fioritura delle voci miste. E intanto, sotto la pressione dei cantori, don Luigi strappa al prevosto don Andreotti il consenso per la campagna "Pro organo nuovo" che entusiasma tutti e nel 1966 viene inaugurato dal maestro Picchi l'organo attuale, costruito dalla Casa Mascioni di Cuvio.
Al generale entusiasmo della popolazione fa riscontro un nuovo fervore e quasi un rinato orgoglio della Schola: il Natale di quell'anno riavrà il suono dolce e pastoso dell'organo. A inaugurarlo nel concerto di collaudo interviene la Schola che esegue la Prima Messa in italiano del sottoscritto, che aveva già fatto buona prova nel giugno in occasione della prima Messa di don franco Brovelli.
Come si ricorda in quell'anno ha inizio la nuova liturgia in volgare e la Schola deve accantonare i capolavori di Perosi, Caudana, Amatucci, Vittadini che erano i pezzi forti del repertorio di questo periodo. Mirabile repertorio sepolto vivo nel cuore tra i cari ricordi di un tempo, capolavori di fede e di arte di sinceri credenti, riposate nel nostro cuore, memorie felici di estasi canore!
Non per questo il rinato fervore si affievolisce, anzi comincia ora un periodo in cui don Luigi si sente forte e porta la Schola oltre i confini della Parrocchia. E' così che la nostra messa "S. Carlo" mantenendo alta la tradizione di una corale angerese distinta (all'inaugurazione dell'organo, che radunò una numerosa élite del ramo, qualcuno disse che non si aspettava proprio di trovare ad Angera una Schola così ben preparata, degna veramente di una cattedrale) viene eseguita al Sacro Monte di Varese, al Santuario di Re, a Novara e altrove, dovunque con lusinghieri giudizi per la nostra Schola.
Il successo spinge oltre don Luigi, che vuole far partecipare la Schola al raduno ceciliano a Varese, dove si conquista un ben meritato sesto posto - c'erano Scholae ben più numerose e ferrate! - tra le oltre cinquanta Scholae partecipanti.
La storia più recente è ancor viva in tutti: dopo vent'anni di appassionato lavoro, don Luigi, nominato parroco di Albizzate, ci vuole a solennizzare l'entrata in quella parrocchia.
Gli succede don Carlo Gerosa, lui pure appassionato di musica; canta e dirige e, ricco di quel misticismo e sacro zelo proprio del levita novello, celebra il cinquantenario nell'alveo del "Sacrosanctum Concilium" del Vaticano II°, rinnovatore della sacra liturgia e di conseguenza del canto ecclesiale.
Rinnovare non è rinnegare o distruggere e non fu certo nei sogni di don Carlo calare il sipario sulla Schola una volta celebrato il cinquantenario! Il Vaticano II° ha aperto le porte delle chiese alla chitarra, ma non le ha private dell'organo, anzi nel citato "Sacrosanctum Concilium" si legge: "Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio delle musica sacra. Si promuovano con impegno le Scholae Cantorum".
Concetti che Papa Paolo VI non si stancava di richiamare. E sul binario organo e chitarra don Carlo ci guidò con amore. A lui, della cui venerata memoria abbiamo tutti il cuore gonfio, succede don Maurizio, il quale per la Schola si impegna con lo zelo e l'entusiasmo del neofita. Ma anche don Maurizio ci lascia presto ed essendo don Hervé - suo successore - negato al carisma delle sette note, tocca a don Rino accollarsi (finalmente felice nella sua forzata disoccupazione) questa incombenza e con maestria ora conduce il canto sacro lungo il già tracciato binario dell'organo e della chitarra, nell'intento di trascinare tutta la Comunità parrocchiale su posizioni canore in ogni celebrazione della sacra liturgia: sia l'organo, sia la chitarra ad accompagnarci, cantiamo, cantiamo tutti, cantiamo sempre!
Come in certe cattedrali coesistono armonicamente più stili architettonici, così possono coesistere organo e chitarra. Se è bello pregare in una chiesetta tra gli abeti nelle solitudini alpine, non è men bello inginocchiarsi sotto le maestose volte di una grande cattedrale, inno di gioia, canto d'amore essa stessa.
Organo e chitarra sono due stili a servizio di una sola Fede, due modi per esprimere un'unica lode, due anime traenti per portare tutto il popolo cristiano a esprimere nel modo più consono la gioia della propria Fede, a lanciare verso il cielo l'inno della carità fraterna, preludio a quella "LAUS PERENNIS" alla quale, oltre il silenzio della tomba, nella sua infinita misericordia, il Signore tutti ci chiama.
Festa di Santa Cecilia - 1984
Giulio Bardelli
Da sinistra in primo piano si riconoscono: don Luigi Giani, don Alessandro Valtorta, don Giuseppe Andreotti, don Carlo Gerosa, il maestro Giulio Bardelli e don Luigi Crosta.
Vedi anche Corpo Musicale Angerese "S. Cecilia"